Paolo Poli è un artista di grandissima cultura ed intelligenza che si è sempre tenuto rigorosamente nei confini del suo repertorio d’elezione. È però anche e soprattutto un uomo che ama il teatro e proprio per questo ha accettato di prestare la sua esperienza ed il suo genio collaborando all’allestimento de La Bohème pucciniana a Budrio. Una produzione andata in scena il 25 e 27 aprile, realizzata con pochi mezzi, ma grande serietà e passione dall’associazione Scena Musicale di Bologna in collaborazione con il teatro Consorziale di Budrio, cui Poli ed il suo assistente Alfonso de Filippis hanno saputo conferire una vivace e coinvolgente interpretazione scenica, giocata nel solco di un’ottima tradizione. Scene e costumi semplicissimi, eppure belli e suggestivi, un insieme essenziale, ma curato nei dettagli, animato grazie a Poli ed a De Filippis da momenti di vero teatro, in cui il pubblico ha pianto e riso (perché nella Bohème si dovrebbe anche ridere) ed pure gli artisti al loro debutto assoluto hanno saputo offrire una convincente definizione dei loro personaggi. Un allestimento di provincia realizzato senza assurde pretese e proprio per questo capace di coinvolgere, e magari sorprendere, piacevolmente il pubblico: solo per questo tutti meriterebbero di essere ricordati, dalle comparse (camerieri del Momus e passanti alla barriera d’Enfer) al maestro suggeritore e collaboratore (Paolo Villa), dagli orchestrali a chi lavorava dietro le quinte. Sotto il profilo musicale la prova più interessante è stata offerta dall’applaudito giovane maestro Giovanni Montanaro, un talento che ci piacerebbe riascoltare anche in altri contesti. Nonostante la scarsità di prove controlla l’insieme guidando e sostenendo i cantanti con precisione e coerenza; trova ottimi momenti (il climax dell’ingresso di Mimì nel primo atto, il finale lirico e toccante) che non fanno rimpiangere troppo l’organico ridotto a soli quindici strumenti. Nella ridotta fossa orchestrale del teatro consorziale trovano posto, infatti, quattordici elementi dell’Orchestra Scena Musicale (archi, percussioni, flauto, oboe, clarinetto), cui si aggiunge il pianoforte concertante di Andrea Panieri. Nel cast ricordiamo i tre debuttanti selezionati nell’ambito del concorso di canto "Anselmo Colzani", tenutosi in gennaio: Paolo Canteri, vincitore del premio come miglior giovane baritono, è uno squillante Schaunard, che potrà affinare il fraseggio e l’interpretazione. Manolo Villani, Colline di soli 25 anni, si fa apprezzare per il colore scuro e la partecipazione con cui interpreta la "Vecchia Zimarra" e compensa la comprensibile acerbità vocale. Assai spigliata e disinvolta la Musetta di Alessandra Benedetti, convincente nel valzer come nel pathos del finale. Il resto della compagnia era invece già ben noto al pubblico di Budrio, che ha molto applaudito il Rodolfo passionale di Roberto Ferrari Melega, la Mimì interpretata con gusto e dolcezza da Anna Flores, l’esuberante Marcello di Pierluigi Dilengite. Giancarlo Baldi ricopriva i ruoli di Benoit ed Alcindoro, mentre Lorenzo Bizzarri ben vestiva i panni di un simpatico Parpignol e di maestro del coro Quadriclavio. A questo si univano il Coro Scena Musicale preparato da Pierluigi Piazzi e le voci bianche istruite da Marianna Monterosso, tutti non professionisti molto attenti e precisi. Schietto successo di pubblico, numeroso e variegato: un bell’esempio di come si possa mantenere viva la tradizione di piccoli, gloriosi teatri come quello di Budrio. (m.s.)